lunedì 14 luglio 2014

AILANTO n. 2 - Su Roberto Maggiani






Si comprende come Roberto Maggiani, poeta che appartiene alla fitta schiera dei letterati scienziati, abbia avuto bisogno di ricorrere ad Aldous Huxley per l’esergo del suo nuovo libro, La bellezza non si somma: «L’occhio contemplativo può posarsi su qualsiasi oggetto e vedere in esso, come da una finestra, tutto il cosmo…». In realtà, nella stessa prospettiva, sarebbe stato più che sufficiente il Leopardi dell’Infinito, per restare tra le nostre pareti: alla specie del «sedendo e mirando», infatti, sembra proprio ricondursi la percettività di questi versi, così pienamente descrittivi, con un andamento espressamente diaristico, al punto da registrare non solo la data ma anche l’ora della scrittura o dell’evento che l’ha ispirata. Così, ad esempio, può accadere che alle sette e trenta del mattino, su una spiaggia, ci si imbatta in una coppia di slavi: «Lui si siede su un trono improvvisato - / mangia osservando il suo dominio marino». Non c’è una siepe, però, a impedire la vista, che qui può liberamente spaziare sulla distesa d’acqua, riducendola giustamente a «dominio», a un paesaggio che esiste solo perché un soggetto lo sta osservando (chissà se Maggiani non abbia anche pensato a un’altra tradizione, quella che dal primo Montale, grande osservatore del mare, indietreggia fino al Mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer).
Questo, credo, sia il centro della questione: la poesia di Maggiani, in questo volumetto, non esibisce né accenna alcuna trascendenza, la lascia piuttosto intuire: come a dire che l’azione contemplativa si assesta intorno alla superficie dell’oggetto, quasi si trattasse di un prisma in grado di rifrangere ed evocare una realtà più ampia. Quella che in poesia sta, o dovrebbe stare, nello spazio tra le parole, dietro le parole, come ricordava Brodskij. Accade a ogni pagina: c’è un avvio di narrazione, si prepara un microevento, la poesia si struttura come una sorta di epifania minimalista, ma Maggiani ammette di non riuscire «ad andare così a fondo / come certi poeti o scienziati». Resta fuori dall’oggetto, non si proietta né dentro né oltre. È in realtà una precisa scelta prospettica, piuttosto che un limite, e l’autore ne è consapevole; del resto Savinio insisteva sull’«intelligenza della superficie» e questa posizione, direi questa focalizzazione, è necessaria perché, come si dice negli ultimi versi, ci sia ancora una «verità nascosta» da pagare.
Un perfetto parallelismo ricorre tra l’assioma del titolo e quello della poesia di chiusura: come non si può sommare la bellezza così ciò che resta vero e celato «si paga». Ma in cosa consiste questa verità che talora sembra «emergere», o «galleggiare» dietro la linea della «distesa azzurra»? Non certo nella sessualità, che è invece chiaramente – ed elegantemente – esibita.  Per il poeta-scienziato (Maggiani proviene da studi di fisica) anche l’eros è uno dei tanti epifenomeni del quotidiano; dunque, dietro l’apparenza del bozzetto, sotto le sue rapide pennellate imagiste, c’è un altro «giacimento» che rimane segreto, inespresso, appena accennato, perché possa ancora rappresentare un polo di tensione possibile. E lo si paga, naturalmente, con la poesia.


Roberto Maggiani, La bellezza non si somma, Ancona, italic, e. 12,00.


In treno

Avrò pisciato per almeno un chilometro -
nel buco della tazza
vedevo correre le rotaie.

Dal finestrino scorgevo -
dietro case e alberi in corsa -
una linea blu
simile a un fiume che ingrandisce
fino a sfociare nel mare:
la distesa azzurra 
in cui tutto sprofonda -
sono poche le cose
che galleggiano.

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