mercoledì 28 dicembre 2016

AILANTO n. 40 - Su Paola Loreto




È ancora possibile raccontare una crisi, quel «limite che entra nella vita» e che «come una lama non fa male»? Paola Loreto, con case / spogliamenti ha cercato di circoscrivere non le immagini, ma il racconto interiore di una crisi, che sembra partire da una circostanza relazionale e che invece finisce per accamparsi sull’intero territorio esistenziale dell’io narrante. Ha dato così vita a un libro- sosta, o a un libro-tappa all’interno del suo percorso di poeta, ripiegandosi in un dettato astratto, lavorando con poche, essenziali pennellate rigorosamente in bianco e nero, rinunciando al colore. Otto sezioni senza titolo, con un Post-scriptum e un congedo scandiscono questo nuovo libro, apparso nella collana delle «Licenze poetiche» dell’editore Aragno. Quell’indicazione finale, la sola che l’autrice concede al suo lettore, ci fa pensare a una sequenza epistolare in forma di diario lirico, ma il destinatario è assente o si affaccia sporadicamente, sì che quella crisi finisce per ricadere per intero sul soggetto, lo avvolge in una sorta di bozzolo, di crisalide che prelude a una rinascita, a una risoluzione.
I termini della crisi sono definiti nella poesia d’avvio: il confronto con se stessi, feroce e ineludibile, la contemplazione impotente di quanto accade, «inevitabile», sotto uno sguardo che può solo rivolgersi frontalmente. Ma lo spazio della contemplazione è sempre più complesso del fenomeno osservato, e la visione non si scinde mai dal pensiero. Un pensiero critico, naturalmente, che ripercorre i piani dell’esperienza, i grumi dispersi di una storia, non con la pietas della memoria, ma con la severità dell’analisi. Per questa strada è ancora possibile approdare a un «sapere», difficile e poco addomesticabile, che è anche «cancellazione», «oscuramento». Ancora una volta la visione della propria verità acceca, accompagna il soggetto nel buio di una coscienza che per questo deve mantenersi vigile.
Eppure non è solo per via analitica, o razionale, che può indicarsi la via d’uscita. C’è anche, e soprattutto, un «lasciarsi vivere», un affidarsi al flusso dell’esistenza. Il pensiero del futuro, e della liberazione, è, leopardianamente, un pensiero sentimentale, non certo un atto di volontà. È ancora il cuore a dominare la scena e la scrittura, a farsi carico di compilare «il nulla», di allestire il regesto della crisi, di dare forza, delineandola, a una nuova attenzione. Perché è l’altro, con il suo silenzio («assenza più assurda presenza», diceva un lontano verso di Bertolucci) a completare il quadro così apparentemente solipsistico e invece sotterraneamente aperto a nuove vitalità. Ed è proprio quell’assenza la strada che consente di riconoscere altre complementarità, quella rete di rapporti segreti che regola da sempre ciò che appare come destino, ed è forse solo un irrinunciabile momento di svolta, di cambiamento, di metamorfosi.

Paola Loreto, case / spogliamenti, Aragno, 2016, e. 10.00

Poi i mondi che avremmo
potuto abitare un giorno
ci apparterranno
nella seconda o terza realtà.
L’importante è averne uno
vicino al cuore

via dal volere.

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